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BARBIERE

Dal barbiere il fine settimana c’era sempre da fare una lunga fila perché tutti i contadini rientravano in paese dalle campagne.
Durante l’attesa del turno, che spesso veniva ceduto in senso di riverenza verso la gente che contava di più in paese, si intrecciavano le solite discussioni sul tempo, la famiglia, gli animali, la terra.
Il salone, cosi veniva chiamato l’ambiente in cui il barbiere prestava la sua opera, era angusto, poco igienico e imfestato da afidi.
L’arredo del salone era, come e immaginabile, assai povero, costituito da uno o due “siggiuna” e da un paio di specchi che nel periodo pasquale e natalizio venivano addobbati con delle scritte bianche che auguravano buone feste ai clienti.
Lo strumento maggiormente usato per tagliare i capelli era la macchinetta a rasatura a zero; il taglio della barba era effettuato da volenterosi allievi, detti “giuvini”, che sulla pelle dei malcapitati imparavano il mestiere.
I barbieri venivano mal retribuiti e il pagamento solitamente avveniva con cadenza annuali. All’inizio di ogni anno i clienti ricevevano dal barbiere un calendarietto profumato con immagine di donne svestite che conservavano gelosamente nei propri portafogli.
I barbieri in certe occasioni fungevano da salassatori, infatti tenevano della sanguisughe in piccoli barattoli e le usavano per tirare 
 
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